Chiudiamo la rassegna Femminile palestinese 2016 con un momento di grande intensità teatrale tutta al femminile. La raffinata interpretazione di Serena Gatti, ispirata ai romanzi di Suad Amiry, ha saputo mostrare con grande impatto la brutalità dell’occupazione. Con eleganza e leggerezza, ha puntato al cuore di tutti noi, portandoci per mano dentro alla vita di tutti i giorni, dentro ai diritti violati, al dolore, alle aspettative calpestate, alle umiliazioni reiterate, ma anche dentro alla forza e determinazione di un popolo che resiste. “Resteremo qua venti volte. All’infinito” Grazie a Serena e Raffaele di Azul Teatro, grazie a tutti gli amici che da Salerno e da fuori ci hanno seguito fino ad oggi, siete stati tantissimi e stupendi, davvero grazie. E grazie a Casa del Contemporaneo che ha sostenuto il nostro progetto culturale facendo una scelta coraggiosa e scomoda e inserendo quindi il nostro programma 2016 nel proprio cartellone. Casa del Contemporaneo ha dato spazio alla Palestina e alla sua cultura, esattamente mentre in Italia e in Europa vengono innalzate barriere e chiusure alle culture “diverse”. Resteremo qua venti volte. All’infinito..
La rassegna Femminile palestinese si è conclusa il 7 dicembre 2016 alle 21,00 presso la Sala Pasolini di Salerno, con lo spettacolo teatrale Maldoriente, ideato e interpretato da Serena Gatti, liberamente ispirato ai romanzi della scrittrice e architetto palestinese Suad Amiry, professore dell’università di Bir Zeit in Cisgiordania e direttore del Riwaq Centre for Architectural Conservation.
Lo spettacolo racconta le vicende di una donna palestinese costretta a vivere da clandestina nella propria terra natale e in cui il paesaggio viene trasformato giorno dopo giorno dal colonialismo da insediamento. E’ la storia di una donna per cui tutto diventa difficile: gli appuntamenti con il fidanzato, la cerimonia di nozze, ottenere la carta di identità, fra continue perquisizioni e valige in mano.
Maldoriente non è una pièce fatta da scene di sangue, di denuncia urlata, ma sa essere dura semplicemente con la descrizione della crudele vita quotidiana, animata da ricordi dolorosi, da dubbi, da pensieri contrapposti e struggenti. Sulla scena sono presenti soltanto una sedia e un piccolo tavolo, ma lo spazio teatrale viene totalmente riempito dall’interpretazione di Serena che, fra musica e danza, evoca i sentimenti di un popolo: speranze, delusioni, pazienza, rassegnazione, ironia, impotenza, frustrazione, paura, rabbia, ma anche forza, resistenza, riscatto.
Sono i pensieri di una donna simbolo di questo popolo la cui unica aspirazione è il rispetto dei propri diritti umani e civili calpestati. “La strada cambia, come quando torni a casa e trovi che la casa non c’è più” scrive Suad Amiry a cui si ispira la regista e performer pisana Serena Gatti, che nel 2005 fonda Azul Teatro.
Vivere in Palestina, amare, sposarsi, lavorare non sono diritti inalienabili come dovrebbe essere, perchè si tratta di una terra e di un popolo sotto assedio, a cui è costantemente negata l’identità culturale e politica.
La rassegna Femminile palestinese nel 2016 ha avuto come sottotitolo “l’occupazione oggi” perché ha voluto approfondire lo scenario contemporaneo, lo stato delle cose oggi in Palestina, dopo 68 anni di occupazione. Maldoriente, quindi, ci ha portato a riflettere proprio su questo tema analizzando la “normalità” della vita quotidiana, le difficoltà e le umiliazioni di chi vive sotto occupazione.
MALDORIENTE
Di e con: Serena Gatti
Disegno Luci: Marcello D’Agostino
Collaborazione artistica: Raffaele Natale
Produzione: Azul Teatro
in collaborazione con: Provincia di Pisa, Centro Nord-Sud
Il Centro di produzione teatrale Casa del Contemporaneo ha supportato l’intero programma della terza edizione della rassegna Femminile palestinese, facendo propria la sua mission e raccogliendo una sfida: parlare di Palestina attraverso la sua cultura. Un particolare ringraziamento va a chi ha creduto in questo progetto, sostenendolo senza mai intaccarne l’autonomia.
CUCINA E MUSICA MEDITERRANEA è stata una serata bellissima, il 1 dicembre scorso al Pasolini di Salerno. Doppio appuntamento con la presentazione del libro di cucina “POP PALESTINE. Viaggio nella cucina popolare palestinese” e PALESTINE FOOD SOUND SYSTEM, lo spettacolo di cucina e musica di Daniele De Michele in arte DONPASTA. Serata piena di emozioni, di aromi, di storie raccontate fra musica e fornelli. Storie di donne, di meticciato, di migrazioni, di vita quotidiana in Palestina.
Ovviamente rivendichiamo il nome di “Femminile palestinese” per le tagliatelle al sommacco, gamberi e cozze creato nella serata dall’equipe di chef, capitanata da don Pasta… (foto di Tamara Casula)
CUCINA E MUSICA MEDITERRANEA
La performance è la quinta serata dell’edizione 2016 di Femminile palestinese che si è tenuta giovedì 1 dicembre 2016, con un doppio appuntamento alla Sala Pasolini di Salerno:
1) alle 18,30 la presentazione del libro di cucina “POP PALESTINE. Viaggio nella cucina popolare palestinese” con Silvia Chiarantini, Alessandra Cinquemani e Daniele De Michele, in arte DonPasta. In collegamento audio Fidaa Ibrahim Abuhamdya.
2) alle 20,30 PALESTINE FOOD SOUND SYSTEM, spettacolo di cucina e musica di Daniele De Michele “DONPASTA”, regia, cucina e voce narrante, accompagnato dalla chitarra di Ernesto Nobili.
Nella prima parte della serata è stato presentato il libro di Fidaa Ibrahim Abuhamdiya e Silvia Chiarantini che non è solo un ricettario.POP PALESTINE CUISINE. Viaggio nella cucina popolare palestinese. Salam cuisine tra Gaza e Jenin, con fotografie di Alessandra Cinquemani (Edizioni Stampa Alternativa 2016) piuttosto è un taccuino di viaggio e di cucina in cui si spiega come preparare ottimi piatti, ma intanto si racconta la vita quotidiana e la storia di un popolo. Lo spunto nasce da un viaggio di quattro amici fiorentini che visitano la Palestina insieme a una guida speciale: Fidaa, giovane chef e blogger palestinese.
Un percorso di immagini di piatti fumanti, affollati mercati, storie di vita sotto occupazione, profumi di spezie, di caffè al cardamomo, di pita appena sfornata e di za’atar. Pop Palestine è la testimonianza di donne e uomini che in Palestina mantengono viva la propria storia e aperta la propria cucina.
Nella seconda parte della serata invece c’è stato PALESTINE FOOD SOUND SYSTEM, uno spettacolo di cucina e musica di Daniele De Michele, in arte “DONPASTA”, regia, cucina e voce narrante; musica di Ernesto Nobili
Il cibo è un concentrato di memoria, salvaguardia di un patrimonio, rappresentazioni simboliche, prisma perfetto attraverso cui osservare e raccontare i mutamenti della storia di un popolo. Perchè parlare di una ricetta significa ripercorrere la storia di chi la racconta.
Da Pop Palestine. Prefazione scritta da Daniele De Michele:
“Le ricette sono un momento di tregua, di pace prima della tempesta, dolce, malinconica, poetica tempesta, che questi avventurosi compagni di viaggio ci hanno regalato. Perché parlare di Palestina è un non senso, non ne parla nessuno in questi termini, a pochi viene in mente di considerarla meta turistica, nessuno immagina che ci sia una vita oltre la guerra, che esista una cucina che non sia da campo. E ci si ritrova piano piano immersi in un mondo inesplorato fino ad allora che diventa familiare, appassionante, pieno di umanità, di storie, di profumi.
Ci si dimentica allora delle ingiustizie, del fatto che quello è un luogo di deprivazione delle più semplici forme di diritto umano, si dimentica il processo storico assurdo che ha portato un popolo intero a scomparire, dileguarsi, perché gli equilibri del mondo non riuscivano ad assumersi le responsabilità della loro storia, dei colonialismi, dei nazismi, degli interessi economici, delle spartizioni territoriali.
La cucina rappresenta la vita quotidiana della gente, il suo stare al mondo, il suo affrontare le difficoltà e poi sedersi per un istante a rinfrancarsi e per farlo ci si mette in connessione con i propri avi, ci si siede con i propri ospiti e si preparano dolci manicaretti che rendono per un istante più bella la realtà.”
In questo spettacolo donpasta ha mixato il suo Food Sound System con le culture affacciate al Mediterraneo, partendo proprio dalla Palestina. Ha mescolato quindi cucina meticcia rigorosamente dal vivo, musica, racconto popolare per uno spettacolo a 360° tra il teatro contemporaneo, le favole di un vecchio cantastorie e le disavventure di un cuoco maldestro.
Tutti i sensi sono stati chiamati in causa: vista, gusto, olfatto, tatto, udito. Ogni testo, ogni parola, ha avuto un controcanto nelle immagini e nei suoni che dalla cucina raggiungevano la musica ispirando le melodie.
DonPasta può impiegare dieci ore per fare un sugo come si deve. Allora ne approfitta per raccontare storie, mentre zucchine, peperoni, melanzane fondono nell’olio e diffondono in sala odori di soffritto che risvegliano i sensi. Storie di un viaggiatore. Una sorta di road movie in cui in genere sfilano nonne ai fornelli, grandi tavolate e mercati rionali. Tuttifrutti culturale, melting pot artistico in una unione di nostalgia, speranza, riflessione, dove la cucina è cultura, profondamente ancorata nella nostra civilizzazione mediterranea.
La musica, rigorosamente dal vivo, suona verso i fornelli e i fornelli la ripagano della stessa moneta.
Dopo la presentazione del libro POP Palestine Cuisine e prima dello spettacolo di Don Pasta è stato offerto un aperitivo palestinese e a base di alici di Salerno organizzato dalla pescheria Luna Rossa di Pontecagnano.
Ilan Pappe è tornato a Salerno, alla nostra rassegna, per il secondo anno consecutivo e per noi è un grande premio. Il 24 novembre 2016 ci ha parlato di LINGUAGGIO COMUNICAZIONE DECOLONIZZAZIONE, insieme agli ospiti Pino Grimaldi (Accademia Belle Arti di Napoli), Giso Amendola (Università di Salerno), Clayton Swisher (Al-Jazeera). Ha spiegato l’importanza del linguaggio per decolonizzare la Palestina, per cui non bisogna parlare di processo di pace, ma appunto di decolonizzazione. Tantissima la voglia di ascoltare, di capire, la Sala Pasolini ancora una volta era gremita.
Ilan Pappe in LINGUAGGIO COMUNICAZIONE DECOLONIZZAZIONE
Lo storico israeliano Ilan Pappe è tornato per il secondo anno consecutivo a Salerno alla rassegna Femminile palestinese, il 24 novembre 2016 ore 18,30, alla Sala Pasolini, per parlare diLINGUAGGIO, COMUNICAZIONE, DECOLONIZZAZIONE
Hanno dialogato con Ilan Pappe, attualmente docente presso l’Università di Exeter (UK):
– Giso Amendola, filosofo del diritto, Unversità di Salerno
– Clayton Swisher, direttore giornalismo investigativo Al-Jazeera
– Pino Grimaldi, designer della comunicazione, Accademia di Belle Arti di Napoli
L’incontro è un approfondimento sull’importanza delle parole e su come viene comunicata la Palestina. Qual è il linguaggio della questione palestinese e quale comunicazione viene messa in campo? La conferenza prende spunto dal libro di Pappe/Chomsky, “Palestina e Israele: che fare?”, Fazi editore, 2015, in cui, fra l’altro, i due autori riflettono sull’utilizzo di parole come “decolonizzazione” al posto di “processo di pace”.
Ha condotto Maria Rosaria Greco, curatrice della rassegna. Traduzione consecutiva di Roberto Prinzi di NenaNews Agency.
Concerto a supporto del progetto Women’s Boat to Gaza (ITA/EN)
Domenica 18 settembre 2016 alle ore 21, presso la Sala Pasolini di Salerno, la rassegna “Femminile palestinese”, curata da Maria Rosaria Greco, ospita “Jussur Project e Amal Ziad Kaawash in concerto”, l’affascinante e raffinato momento musicale che da forma alle onde del Mediterraneo.
Sono onde che si materializzano nel movimento sinuoso del corpo di Dalal, nel suono ancestrale dell’oud di Helmi che corteggia le dolcissime onde sonore della voce di Amal. Ancora onde avvolgenti escono dal sax di Angel che diventano poi pulsanti, incalzanti con le tabla indiane di Sanjay. È una performance in cui i ritmi mediterranei mettono in contatto quattro continenti, Africa, America, Asia e Europa perché la musica non conosce confini.
La formazione del gruppo Jussur Project è internazionale: Helmi M’hadhbi (Tunisia) Oud – Angel Ballester (Cuba) Sax, flauto e clarinetto – Sanjay Kanza Banik (India) Tabla indiane, percussioni. Inoltre con i musicisti, voce e corpo on stage, Dalal Suleiman (Italia/Palestina) attrice e ballerina.
Al gruppo, per questo concerto, si unisce una special guest: Amal Ziad Kaawash (Libano/Palestina), cantante e illustratrice di Beirut per la prima volta in Italia.
“Femminile palestinese” insieme a Casa del Contemporaneo, che promuove la rassegna, dedicano questo concerto all’unione di più sponde del Mediterraneo, in particolare a una iniziativa tutta al femminile a cui andrà il ricavato: WOMEN’S BOAT TO GAZA, il progetto internazionale della Freedom Flotilla Coalition(sostenuto daFreedom Flotilla Italia), che prevedeva la partenza da Barcellona il 14 settembre di due imbarcazioni dirette verso Gaza con lo scopo di attirare l’attenzione del mondo sull’assedio illegale a cui è costretta la striscia di Gaza e i suoi quasi due milioni di abitanti.
L’equipaggio è composto interamente da donne: marinaie, attiviste, esponenti della società civile per ricordare a tutti l’importanza del ruolo femminile nella resistenza quotidiana all’occupazione israeliana e anche per unire donne di altri paesi alle donne di Gaza, perché non si sentano sole, isolate dall’assedio inumano che dura dal 2007. È un messaggio di speranza.
Amal (speranza) è proprio il nome della barca capofila ed è anche il nome della special guest del concerto, Amal Ziad Kaawash, che in quanto cartoonist ha creato un personaggio, una bambina ombra dalle trecce lunghe che ha come sogno irraggiungibile il ritorno in Palestina: Meiroun, dal nome del villaggio palestinese da cui la sua famiglia viene cacciata nel 1948. Meiroun simbolicamente sarà su quella imbarcazione, con le sue trecce al vento, diretta verso Gaza insieme alle altre donne, tutte unite nella speranza.
Qui di seguito alcune delle partecipanti dirette a Gaza:
– Mairead Maguire (Irlanda del Nord), militante pacifista, Premio Nobel per la Pace nel 1976
– Marama Davidson (Nuova Zelanda) portavoce dei Verdi per i Diritti Umani
– Naomi Wallace (USA), scrittrice e sceneggiatrice
– Eva Manly (Canada) fotografa e regista di documentari , attivista per i diritti umani
– Marilyn Porter (Canada) accademica e attivista per i diritti delle donne, esperta marinaia
– Wendy Goldsmith (Canada) assistente sociale e attivista per i diritti umani
– Gerd von der Lippe (Norvegia) accademica e atleta professionista
– Fauziah Mohd Hasan (Malaysia) medico e attivista per i diritti umani
– Çiğdem Topcuoglu (Turchia) atleta professionista e allenatrice. Ha già navigato con Freedom Flotilla, sulla Mavi Marmara nel 2010. Con lei a bordo c’era il marito che venne ucciso durante la violenta aggressione dell’esercito israeliano che causò 10 vittime.”Sì, ho paura – ha detto una delle partecipanti, Wendy Goldsmith, madre di tre figli – ma ho più paura se non faccio nulla”
Contro l’occupazione illegale si muove la rassegna “Femminile palestinese” che quest’anno arriva alla terza edizione affrontando il tema del contemporaneo: “l’occupazione oggi” è il sottotitolo del 2016 per analizzare qual è il quadro attuale della Palestina, dopo 68 anni di occupazione. In questa riflessione il ruolo della donna è ancora una volta centrale per come sa ridisegnare e mettere in discussione i confini e le narrazioni dominanti.
La rassegna in questi anni ha sottolineato la necessità di approfondire il dialogo fra le culture che da sempre si relazionano nel nostro mare. “femminile palestinese” vuole essere un luogo di incontro. Oggi più che mai, in pieno clima di allarmismo e islamofobia scatenato dai fatti tragici che attraversano l’Europa e dai disperati flussi migratori, il partenariato di Casa del Contemporaneo e del Comune di Salerno, conferisce un particolare significato istituzionale al doveroso percorso di conoscenza e confronto fra tutte le culture del Mediterraneo.
In questa terza edizione inoltre l’agenzia giornalistica internazionale NenaNews si trasforma da mediapartner a soggetto promotore arricchendo la rassegna di un’equipe di giornalisti esperti di cultura araba e corrispondenti dal Vicino Oriente.
Mediapartner anche quest’anno sono il quotidiano Il Manifesto e l’emittente televisiva LiraTV
BREVE PRESENTAZIONE DEGLI ARTISTI :
Helmi Mhadhbi – tunisino, musicista e compositore, vive tra Trento e Parigi. A 5 anni comincia a suonare il darbouka, lo strumento tradizionale a percussione molto popolare nella musica araba. Ad 11 anni si iscrive al Conservatorio Nazionale di Tunisi per studiare l’oud e il pianoforte. Dopo una breve tappa romana nel 2000, Helmi decide di rimanere in Italia, a Trento, dove continua la sua esperienza musicale, collabora con una compagnia di flamenco e nel 2005 conosce il violinista Corrado Bungaro. Quest’incontro sarà una svolta nella sua carriera musicale. I due, infatti, fonderanno insieme l’orchestra multietnica “Orchextra Terrestre”. Un’orchestra costituita da musicisti provenienti da ogni angolo della Terra, capaci di mixare in maniera armoniosa e coerente suoni, lingue e linguaggi, culture e colori del mondo intero. Ha partecipato a numerosi Festival, a Tunisi, Lugano, Berlino, Trento.
Angel Ballester – cubano, vive a Trento, ha studiato persso la Escuela Nacional de Arte dell’ Avana, Cuba. Musicista e compositore jazz, insegnante di musica, ha una lunga carriera che lo ha portato a diversi premi, a Cuba e in Francia, a Londra e a Miri, in Malesia. Le sue esperienze professionali vanno da Cuba al Canada, dalla Svizzera a New York, al Brasile. Insegnante nei primi anni 2000 in Svizzera, Francia, Germania. Ha lavorato con Musique en marche, in Belgio. Fa parte del quintetto Ensemble Turchese.
Sanjay Kansa Banik – indiano, vive a Roma. E’ un giovane solista di tabla, allievo dei maestri Sri Goutam Dam e Dulal Natto del Gharana di Benares, ha alle spalle un’intensa carriera di festival e di premi. Fa parte dell’Orchestra di Piazza Vittorio e recentemente il regista Simone Mariani ha girato un documentario su di lui dal titolo “A journey on the tabla”. Di recente, ha ottenuto il titolo di miglior musicista dalla All India Radio di Calcutta, dove ha inciso molti brani e ha partecipato a varie trasmissioni. A Roma, collabora attivamente con il progetto Indo-pizzica e sta cercando di attivare un centro di cultura per l’insegnamento degli strumenti della musica classica Industani e della danza Kathak e Bharata Natyam.
Dalal Suleiman, – attrice di cinema, di teatro e ballerina; italiana, di padre palestinese, vive a Roma. Protagonista di corti, attrice in fiction televisive e in docufilm, Dalal ha anche una notevole esperienza di teatro: ha recitato infatti, tra l’altro, con Pamela Villoresi, in “Nata sotto una pianta di datteri” per la regia di Gigi Di Luca per il Napoli Teatro Festival e nell’ “L’opera da tre soldi” di B. Brecht, per la regia di Luca De Fusco, con Massimo Ranieri; in “La casa di Bernarda Alba” di G.Lorca, per la regia di Lluis Pasqual, con Lina Sastri, al Teatro Stabile Mercadante; “Quattro bombe in tasca” di Ugo Chiti per la regia di Ciro Sabatino; “Mi chiamo Omar” scritto e diretto da Luisa Guarro; danzatrice nel gruppo etno-folcloristico SYNAULIA, diretto da Walter Maioli, basato su un progetto di recupero del patrimonio artistico etrusco e dell’antica Roma; danzatrice nel gruppo KOLEDARI di danze etno-mediterranee, diretto da Cinzia Musella, con cui ha partecipato a diversi festival di danze popolari.
Amal Ziad Kaawash – Illustratrice e cantante palestinese, nata in Libano, vive a Beirut. Si esibisce in Italia per la prima volta.
Come illustratrice, Amal è conosciuta soprattutto per il suo personaggio di nome Meiroun, una bambina ombra dalle lunghe trecce, che porta il nome del villaggio palestinese da cui fu evacuata la sua famiglia nel 1948; Meiroun porta con se un desiderio struggente e irraggiungibile, rappresentato dalla luna sempre presente nei suoi disegni, il desiderio del ritorno in Palestina. Nel 2008 Amal vince con Meiroun il primo posto nel concorso “Handala – The cultural resource” di cartoons che commemora la Nakba Palestinese. I suoi disegni sono pubblicati su Assafir (giornale libanese) e vari media e piattaforme social.
Come cantante, Amal ha iniziato come componente della Jafra band di canti palestinesi, nel 2001, a Beirut, prima di intraprendere la propria carriera di cantautrice indipendente. Amal ha studiato il canto arabo presso il Conservatorio nazionale Libanese di Musica ed ha collaborato con musicisti locali e internazionali, come Ahmad Qaabour (Libano) e Opgang 2 (Danimarca).
Mediterranean, music and women to Gaza
Concert in support of the Women’s Boat to Gaza project
On Sunday 18th of September 2016, h. 21:00, at Sala Pasolini theatre in Salerno (Italy), the festival “Femminile Palestinese” (women of Palestine), organized by Maria Rosaria Greco, hosts “Jussur Project and Amal Ziad Kaawash in concert”, the fascinating musical event that gives shape to the Mediterranean waves.
Those are waves materializing in the sinuous movement of Dalal’s body, in the ancestral sound of Helmi’s oud that pursues the pleasant sound waves of Amal’s voice. Moreover, entrancing waves are from Angel’s sax and from the pulsating Indian tabla of Sanjay. It is a performance in which the Mediterranean rhythms connecting four continents, Africa, America, Asia and Europe, because music doesn’t know borders.
The Jussur Project team is international: Helmi M’hadhbi(Tunisia) Oud – Angel Ballester (Cuba) Sax, flute and clarinet – Sanjay Kanza Banik (India) Tabla and percussions. And with the musicians, voice and body on stage, Dalal Suleiman(Italy/Palestine) actress and dancer. Special guest in this event is Amal Ziad Kaawash (Lebanon/Palestine), singer and cartoonist from Beiruth, for the first time in Italy.
“Femminile Palestinese”, jointly with the festival promoter Casa del Contemporaneo, dedicates this concert to the union of shores of the Mediterranean sea, particularly to a totally feminine initiative to which the proceeds will be donate: WOMEN’S BOAT TO GAZA, an international project by the Freedom Flotilla Coalition, starting in Barcelona on the next September 14 with the departure of two boats en route for Gaza. Women only crews abord, in order to sensitize the world to the illegal siege which the Gaza Strip and its two million inhabitants have been forced to, since 2007, and to remind of the importance of women’s role in the daily resistance to Israeli occupation. Last and not least, to unite women from other countries to women from Gaza, because they aren’t lonely, isolated, it is a message of hope.
Amal (“hope” in Arabic) is the name of the new Flotilla’s flagship and the name of the special guest Amal Ziad Kaawash, as well. She, as a cartoonist, created a character, Meiroun, that is a long braided shadow-girl, dreaming of the return to Palestine. Meiroun is the Palestinian village from which her family was expelled in 1948. So Meiroun symbolically will be on that boat, with her tresses in the wind, going to Gaza with other women, all united in hope.
Some members of the crew:
• Mairead Maguire (North Ireland), pacifist militant, 1976 Nobel Prize for the Peace;
• Marama Davidson (New Zeland), spokesperson of the Green for Human Rights;
• Naomi Wallace (USA), author and screenwriter;
• Eva Manly (Canada), photographer and documentarist , human rights activist;
• Marilyn Porter (Canada), professor and women rights activist, able seawoman;
• Wendy Goldsmith (Canada), social worker and human rights activist;
• Gerd von der Lippe (Norway), professor and professional sportswoman;
• Fauziah Mohd Hasan (Malaysia), physician and human rights activist;
• Çiğdem Topcuoglu (Turchia) professional athlete and trainer (she was on the Mavi Marmara boat in the 2010 Freedom Flotilla: her husband was killed during the aggression against the pacific mission by Israeli army, that caused 10 victims).
“Yes, I’m afraid – said Wendy Goldsmith, mother of three – but I’m more afraid of not doing anything.”
Questo disegno Hawa-Blad di Meiroun ميرون, su gentile concessione di Amal Ziad Kaawash è stata l’immagine simbolo della rassegna Femminile palestinese del 2014.
Scrive Paola Viviani della Seconda Università di Napoli, come Meiroun, creata dalla Kaawash, sia “una figura emblematica che si ricollega magistralmente a tante eroine letterarie arabe il cui desiderio di libertà e autonomia, al pari di quello delle loro sorelle e compagne in carne e ossa, si è sovente espresso e concretizzato attraverso la simbologia del velo e dei capelli, più o meno visibili o del tutto liberi da costrizioni.
(..) Oggi Meiroun mostra finalmente il proprio viso al pubblico, che ben ne conosce il profilo in ombra, a stento illuminato dalla pur brillante luna (..) il corpo celeste, la Palestina agognata.
I capelli di Meiroun, da sempre stretti in due trecce sollevate dal vento, sono ora sciolti e si librano con elegante e festante disinvoltura verso l’alto, assumendo la forma di note che rivelano la loro intrinseca natura, ossia di frammenti armonici che vogliono dar voce all’anelito di libertà”.
Amal aveva disegnato e dedicato questa sua immagine a una amica che viveva a Gaza e con la quale aveva condiviso il sogno di tornare finalmente insieme al villaggio dal quale le loro famiglie erano state cacciate nel 1948, che si chiama Meiroun appunto. Le due colombe presenti dentro alla luna cosi grande e vicina sono quindi le due amiche ormai vicine al raggiungimento del loro sogno.
Meiroun è una creatura apparentemente fragile, indifesa, ma che continua in maniera struggente a pensare al ritorno, a sognare la luna. Incarna la forza e la determinazione di un popolo che non si arrende. Amal in un’intervista spiega che per lei “Meiroun rappresenta tutti i palestinesi, tutte le donne arabe e tutte le donne del mondo”.
Ibrahim Nasrallah è un gigante dal punto di vista letterario e dal punto di vista umano. Ha toccato le corde più intime di tutti i presenti il 20 maggio scorso nel reading “se i poeti perdono”. Vogliamo ringraziare tutti per il calore, per la sala gremita dall’inizio alla fine, per aver rafforzato in noi l’idea di andare avanti.
«In quella città bella e lontana, nel cortile ricoperto d’erba, ogni cosa cantava, la gente danzava. Disse: “va dalla puledra, invitala a ballare”. Ero timido. Se i poeti perdono non vince il mondo»
SE I POETI PERDONO – reading con Ibrahim Nasrallah
Ibrahim Nasrallah è uno dei massimi poeti palestinesi, ed è ospite della rassegna “Femminile palestinese” curata da Maria Rosaria Greco nel reading SE I POETI PERODNO.
Insieme a lui sono presenti Simone Sibilio, docente di letteratura araba alla Ca’ Foscari di Venezia e gli attori Omar Suleiman e Antonino Masilotti che leggono alcune sue poesie. L’incontro si tiene il 20 maggio 2016 alle 17,30 presso la libreria Guida Imagine’s Book di Salerno. Interviene il Sindaco di Salerno, Vincenzo Napoli per un saluto istituzionale.
La terza edizione della rassegna “femminile palestinese” ha come sottotitolo “l’occupazione oggi” perché Il focus quest’anno è analizzare qual è la situazione della Palestina oggi, dopo 68 anni di occupazione. Ed è proprio il tema dell’occupazione, del colonialismo, che è presente nelle opere di Nasrallah come un filo conduttore di una nostalgia struggente che solo nella poesia trova riparo. “Se perdono i poeti, non vince il mondo” scrive in una sua poesia.
Oggi più che mai, in pieno clima di allarmismo e islamofobia scatenato dai tragici flussi migratori e dagli attacchi terroristici avvenuti nel cuore dell’Europa , i poeti non possono perdere.
Per questo la rassegna “Femminile palestinese” vuole essere un luogo di incontro. Il patrocinio e il partenariato del Comune di Salerno, insieme a Casa del Contemporaneo, Università di Salerno, e Agenzia internazionale NenaNews, conferiscono un particolare significato istituzionale al doveroso percorso di conoscenza e confronto fra tutte le culture del Mediterraneo.
Ibrahim Nasrallah ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan ’Aways” per la poesia nel 1997. È anche romanziere, oltre che insegnante, giornalista, critico cinematografico, pittore, fotografo. Le sue opere si diffondono in Occidente dove vengono tradotte in diverse lingue. Ha pubblicato moltissimo: romanzi, libri per bambini, saggi e, ovviamente, molte raccolte di poesie. In italiano sono stati tradotti due suoi romanzi , “Febbre” (Edizioni Lavoro 2001, trad. Capezzone), “Dentro la notte. Diario palestinese” (Ilisso 2004, trad. Dahmash) e una raccolta di poesie “Versi” (Edizioni Q 2009, trad. Dahmash).
Ibrahim Nasce nel 1954, 6 anni dopo la Nakba, il cui anniversario ricorre proprio in questi giorni, nel campo profughi di Wihdat in Giordania, figlio di genitori palestinesi originari di un villaggio vicino Gerusalemme. La sua infanzia nel campo profughi e l’esperienza della diaspora sono un marchio indelebile nella sua vita e nelle sue opere, nelle quali ci parla di diritti calpestati.
Nel suo romanzo “Balcony of disgrace” (balcone del disonore), per esempio, affronta il tema del delitto d’onore, descrivendone la crudeltà e lo scenario di degrado sociale. Le vittime di questo crimine sono donne innocenti private dei loro diritti. Nasrallah analizza la condizione della donna araba, in particolare nelle classi sociali più povere e, attraverso i personaggi del romanzo, rivisita il significato di concetti dominanti come onore, virtù, purezza, virilità. È attraverso la letteratura che lo scrittore stimola il cambiamento.
Nasrallah scrive questo romanzo dopo aver letto un rapporto delle Nazioni Unite nel 2009 che definiva il numero dei delitti d’onore: ogni anno in tutto il mondo circa 5000 donne sono vittime di questo crimine.
Altro tema molto caro a Nasrallah sono i giovani e in particolare il diritto all’infanzia serena che troppi bambini palestinesi e arabi vedono quotidianamente calpestato. Lui cresciuto in un campo profughi sa molto bene cosa significa essere ragazzi di strada, senza opportunità di crescita culturale, continuamente umiliati e privati di qualsiasi speranza o sogno dall’esercito israeliano.
Nel 2014 partecipa al progetto Climb of Hope (La Scalata della Speranza) promosso dal Pcrf (Fondo di soccorso ai bambini palestinesi – Palestine Children’s Relief Fund), che prevede la scalata del monte Kilimanjaro da parte di alcuni ragazzi palestinesi, tra cui Yasmin e Mutassem due adolescenti, accompagnati da un gruppo di volontari. I ragazzi hanno una sola gamba: lei viene investita a tre anni da un veicolo dell’esercito israeliano di fronte a casa sua, a Ramallah, lui di Gaza, gli viene amputato l’arto a seguito di un bombardamento israeliano.
Il progetto vuole attirare l’attenzione del mondo sui tanti giovani arabi morti o divenuti disabili, per ferite conseguenti a bombardamenti o alla “normale” occupazione militare. Climb of Hope ha lo scopo di raccogliere fondi per garantire loro cure mediche, per trattarne i traumi psicologici e per sostenere il loro futuro in vari modi, offrendo una speranza, un’opportunità. Ibrahim Nasrallah definisce questi ragazzi senza gambe “i figli della vita, i figli di un popolo che da un secolo combatte per la libertà e questo popolo non sarà mai sconfitto”.
La poesia e la letteratura secondo Ibrahim Nasrallah sono fondamentali per raccontare queste storie a tutto il mondo. La cultura palestinese è la patria in cui rifugiarsi, il luogo in cui nutrirsi e rigenerarsi, come un vangelo, un corano, un libro sacro che codifica e scandisce i ritmi di una dimensione umana, laica e appassionata, tutt’ora negata a un popolo che invece non perde la speranza, ancorato alla vita e alla propria identità. Il ruolo dell’intellettuale secondo lui è quello di guidare, sostenere.
Il poeta non può perdere. «In quella città bella e lontana, nel cortile ricoperto d’erba, ogni cosa cantava, la gente danzava. Disse: “va dalla puledra, invitala a ballare”. Ero timido. Se i poeti perdono non vince il mondo».
Ibrahim Nasrallah è uno dei massimi poeti palestinesi, ha vinto numerosi premi letterari, tra i quali il prestigioso “Sultan ’Aways” per la poesia nel 1997. È anche scrittore, oltre che insegnante, giornalista, critico cinematografico, pittore, fotografo. Il 20 maggio 2016 è nostro ospite nella rassegna FEMMINILE PALESTINESE che curo a Salerno dal 2014. Insieme a lui sono presenti Simone Sibilio, docente di letteratura araba alla Ca’ Foscari di Veneziache presenta la sua produzione e Omar Suleiman che legge alcuni suoi brani.
Le sue opere si diffondono in Occidente dove vengono tradotte in diverse lingue. Ha pubblicato moltissimo: romanzi, libri per bambini, saggi e, ovviamente, molte raccolte di poesie. In italiano sono stati tradotti due suoi romanzi , “Febbre” (Edizioni Lavoro 2001, trad. Capezzone), “Dentro la notte. Diario palestinese” (Ilisso 2004, trad. Dahmash) e una raccolta di poesie “Versi” (Edizioni Q 2009, trad. Dahmash).
Nasce nel 1954, 6 anni dopo la Nakba, nel campo profughi di Wihdat in Giordania, figlio di genitori palestinesi originari di un villaggio vicino Gerusalemme che hanno dovuto lasciare dopo il 1948. La sua infanzia nel campo profughi e l’esperienza della diaspora sono un marchio indelebile nella sua vita e nelle sue opere. Crescendo trova conforto nella conoscenza della cultura internazionale, inizia a leggere e studiare da solo, attraverso la letteratura infatti riesce a volare oltre ogni confine e conosce il mondo. Conosce perfettamente anche i nostri autori: Dante, Manzoni, Pirandello, Montale, Calvino. Tutta la cultura, la letteratura araba e occidentale, rappresentano per lui una rinascita, un grembo materno che lo accoglie, lo nutre e gli dona una nuova vita, una dimensione umana che era stata sottratta, a lui e al suo popolo.
La terza edizione della rassegna “femminile palestinese” ha come sottotitolo “l’occupazione oggi” perché Il focus quest’anno è analizzare qual è la situazione della Palestina oggi, dopo quasi 70 anni di occupazione. Ed è proprio il tema dell’occupazione, del colonialismo, che è presente nelle opere di Nasrallah come un filo conduttore di una nostalgia struggente che solo nella poesia trova riparo. “Se perdono i poeti, non vince il mondo”scrive in una sua poesia. Per lui l’occupazione, ovunque si trovi nel mondo, è la massima espressione di razzismo perché impedisce a un popolo la propria autodeterminazione, appropriandosi della vita delle persone, decidendone il destino. Chi vive sotto occupazione viene privato dei propri sogni, della propria libertà, delle forme più semplici di vita.
È una scrittura altissima quella di Ibrahim Nasrallah che intercetta le emozioni che sgorgano dagli oggetti, dalle storie, dai personaggi per raccontare la pulizia etnica e la diaspora dei palestinesi, ma anche per tutelare i diritti violati delle categorie più esposte. In “Balcony of disgrace” (balcone del disonore) affronta il tema del delitto d’onore, descrivendone la crudeltà e lo scenario di degrado sociale. Le vittime di questo crimine sono donne innocenti private dei loro diritti. Nasrallah analizza la condizione della donna araba, in particolare nelle classi sociali più povere e, attraverso i personaggi del romanzo, rivisita il significato di concetti dominanti come onore, virtù, purezza, virilità. È attraverso la letteratura che lo scrittore stimola il cambiamento. Nasrallah scrive questo romanzo dopo aver letto un rapporto delle Nazioni Unite nel 2009 che definiva il numero dei delitti d’onore: ogni anno in tutto il mondo circa 5000 donne sono vittime di questo crimine.
Altro tema molto caro a Nasrallah sono i giovani e in particolare il diritto all’infanzia serena che troppi bambini palestinesi e arabi vedono quotidianamente calpestato. Lui cresciuto in un campo profughi sa molto bene cosa significa essere ragazzi di strada, senza opportunità di crescita culturale, continuamente umiliati e privati di qualsiasi speranza o sogno dall’esercito israeliano. Nel 2014 partecipa al progetto Climb of Hope (La Scalata della Speranza) promosso dal Pcrf (Fondo di soccorso ai bambini palestinesi – Palestine Children’s Relief Fund), che prevede la scalata del monte Kilimanjaro da parte di Yasmin e Mutassem, due adolescenti palestinesi accompagnati da un gruppo di volontari. I due ragazzi hanno una sola gamba: lei, Yasmin, viene investita a tre anni da un veicolo dell’esercito israeliano di fronte a casa sua, a Ramallah, lui, Mutassem, di Gaza, gli viene amputato l’arto a seguito di un bombardamento israeliano. Il progetto vuole attirare l’attenzione del mondo sui tanti giovani arabi morti o divenuti disabili, per ferite conseguenti a bombardamenti o alla “normale” occupazione militare. Climb of Hope ha lo scopo di raccogliere fondi per garantire loro cure mediche, per trattarne i traumi psicologici e per sostenere il loro futuro in vari modi, offrendo una speranza, un’opportunità. Ibrahim Nasrallah definisce questi ragazzi senza gambe “i figli della vita, i figli di un popolo che da un secolo combatte per la libertà e questo popolo non sarà mai sconfitto”.
La poesia e la letteratura secondo Ibrahim Nasrallah sono fondamentali per raccontare queste storie a tutto il mondo. La cultura palestinese è la patria in cui rifugiarsi, il luogo in cui nutrirsi e rigenerarsi, come un vangelo, un corano, un libro sacro che codifica e scandisce i ritmi di una dimensione umana, laica e appassionata, tutt’ora negata a un popolo che invece non perde la speranza, ancorato alla vita e alla propria identità. Il ruolo dell’intellettuale secondo Nasrallah è quello di guidare, sostenere. Il poeta non può perdere. “In quella città bella e lontana, nel cortile ricoperto d’erba, ogni cosa cantava, la gente danzava. Disse: “va dalla puledra, invitala a ballare”. Ero timido. Se i poeti perdono non vince il mondo”
Celebriamo questo 25 aprile 2016 con una liberazione simbolica: si chiama Dima al-Wawi, ha solo 12 anni, oggi è stata rilasciata dopo 75 giorni di detenzione in una prigione israeliana. Il motivo? Quale motivazione potrà mai giustificare questa gravissima violazione dei diritti umani e dell’infanzia? Unica nazione al mondo, secondo l’UNICEF, Israele applica leggi militari secondo le quali può imprigionare minori palestinesi considerati sospetti, anche se hanno 12 anni. Al contrario, ai coloni israeliani in Cisgiordania, viene applicato il diritto civile di Tel Aviv che non consente la detenzione per nessun minore sotto i 14 anni.
“Sono felice di essere fuori. La prigione è brutta” ha dichiarato oggi Dima “Durante la mia permanenza in prigione ho sentito la mancanza dei miei compagni di classe, dei miei amici e della famiglia“. Una bambina che avrebbe il diritto di continuare la sua vita di bambina, Dima è la più giovane palestinese mai imprigionata.Arrestata a nord di Hebron il 9 febbraio scorso, mentre tornava da scuola, perché secondo i soldati israeliani nascondeva un coltello nello zaino. Alcuni testimoni raccontano una versione diversa: la ragazza sarebbe stata aggredita e portata via perché stava camminando vicino a un insediamento illegale. Dima viene condannata a quattro mesi e mezzo di carcere e al pagamento di una multa di 8000 shekels, viene ripetutamente sottoposta a duri interrogatori, senza la presenza di un rappresentante legale o un adulto della famiglia.
Sono circa 440 i minori palestinesi nelle carceri israeliane, secondo Defence for Children International – Palestine (DCI). Più di 100 di questi bambini sono tra i 12 e i 15 anni. Il Comitato dei Detenuti Palestinesi e l’Associazione dei Prigionieri Palestinesi, nel rapporto congiunto pubblicato il 17 aprile scorso, dichiarano che sono 7.000 in tutto i prigionieri palestinesi. Dal 1° ottobre 2015, l’esercito israeliano ha arrestato almeno 4800 palestinesi tra cui 1400 bambini, la maggior parte dei quali provenienti da Hebron e Gerusalemme.
Dima oggi è stata liberata anticipatamente anche grazie alla campagna di sensibilizzazione lanciata dal suo avvocato e dalla sua famiglia. Ma rimarrà in lei un segno indelebile, come dovrebbe essere anche per tutti noi. Un’altra infanzia spezzata, una storia di occupazione come tante, una storia Femminile palestinese invisibile agli occhi del mondo. Per questo, 25 aprile per noi è resistenza e liberazione da queste occupazioni. Resistenza è oggi come ieri contro ogni fascismo, in Italia come in Palestina e in tutto il mondo. Finché permetteremo crimini contro l’umanità, violazioni di diritti umani e civili come questi non possiamo sentirci liberi. Ci stringiamo a Dima, alla sua famiglia e al suo popolo che resistono.
Ai primi giornalisti che la volevano intervistare dopo la sua scarcerazione, Dima, che all’inizio era silenziosa, stringendosi alla madre, ha dichiarato “Non ho avuto paura e mi auguro che vengano liberati tutti i prigionieri”. Ha solo 12 anni.
5 anni fa veniva ucciso Vittorio Arrigoni, lo ricordiamo con questa poesia che scrive per lui Ibrahim Nasrallah. Il poeta e scrittore palestinese rifugiato in Giordania, Ibrahim Nasrallah, sarà a Salerno per la rassegna Femminile palestinese il 20 maggio p.v. Restiamo umani Vik
Hanno ucciso tutti hanno ucciso tutti i minareti e le dolci campane uccise le pianure e la spiaggia snella ucciso l’amore e i destrieri tutti, hanno ucciso il nitrito. Per te sia buono il mattino. Non ti hanno conosciuto non ti hanno conosciuto fiume straripante di gigli e bellezza di un tralcio sulla porta del giorno e delicato stillare di corda e canto di fiumi, di fiori e di amore bello. Per te sia buono il mattino. Non hanno conosciuto un paese che vola su ala di farfalla e il richiamo di una coppia di uccelli all’alba lontana e una bambina triste per un sogno semplice e buono che un caccia ha scaraventato nella terra dell’impossibile. Per te sia buono il mattino. No, loro non hanno amato la terra che tu hai amato intontiti da alberi e ruscelli sopra gli alberi non hanno visto i fiori sopravvissuti al bombardamento che gioiosi traboccano e svettano come palme. Non hanno conosciuto Gerusalemme … la Galilea nei loro cuori non c’è appuntamento con un’onda e una poesia con i soli di dio nell’uva di Hebron, non sono innamorati degli alberi con cui tu hai parlato non hanno conosciuto la luna che tu hai abbracciato non hanno custodito la speranza che tu hai accarezzato la loro notte non si espone al sole alla nobile gioia. Che cosa diremo a questo sole che attraversa i nostri nomi? Che cosa diremo al nostro mare? Che cosa diremo a noi stessi? Ai nostri piccoli? Alla nostra lunga dura notte? Dormi! Tutta questa morte basta a farli morire tutti di vergogna e di sconcezza. Dormi bel bambino