A partire dalla metà degli anni ‘60, Pier Paolo Pasolini rivolge lo sguardo alla cultura araba perché costituisce una sorta di Altro assoluto, una straordinaria roccaforte etica ed estetica di oppressi intorno al Mediterraneo. 

Mediterraneo contemporaneo è il luogo della cultura “Altra” e considerata diversa in cui è centrale la visione decoloniale ed è un progetto nato proprio dall’esprienza di Femminile Palestinese che dal 2014 parla di Palestina attraverso la sua cultura e la voce delle sue donne. Quest’anno le due realtà, non potevano non parlare di Palestina.

Lo fanno con “Palestin.arte” che è l’incontro di tre realtà contigue: oltre a Mediterraneo contemporaneo e Femminile palestinese, c’è Casa del Contemporaneo, il Centro di produzione teatrale che oltre al teatro promuove vari linguaggi artistici contemporanei. Tre realtà che si uniscono in un unico sguardo sulla Palestina con “Palestin.arte” per sottolineare che arte e cultura sono forme di resistenza.

Secondo lo storico israeliano Ilan Pappe, in un’intervista rilasciata proprio in occasione di un incontro di Femminile palestinese presso l’Università di Salerno nel 2018: “Parlare di Palestina non è mero esercizio di libertà di espressione. È una forma di lotta per la liberazione del popolo palestinese dal colonialismo”. La colonizzazione della Palestina avviene anche qui a casa nostra: nel mondo del sapere, della cultura, dell’informazione, della politica, del diritto internazionale. È fondamentale quindi contrastare la sistematica azione di “memoricidio” che viene fatta dentro e fuori la Palestina a danno del popolo palestinese, della sua cultura, della sua identità. Per questo teatro, cinema, letteratura, poesia, musica, arte e persino la cucina sono strumenti di resistenza alla colonizzazione della Palestina.

Molti la chiamano Terra Santa, in quanto sede delle tre religioni monoteiste, cristiana, ebraica ed islamica, ma qualcuno si chiede se qui non vivano i figli di un dio minore. Soprattutto per quanto riguarda la striscia di Gaza e la terribile crisi umanitaria a cui è costretta la popolazione civile assetata, affamata e bombardata senza interruzione da un intero anno, ma già costretta dal 2007 a un feroce assedio, illegale secondo il diritto internazionale. Secondo l’Onu qui gli abitanti, circa 2,3 milioni di persone, rappresentano l’80% di chi nel mondo vive in stato di carestia. Ma anche la Cisgiordania e Gerusalemme Est sono attenzionati dall’Onu per la totale mancanza di rispetto dei diritti umani e civili dei palestinesi.

Quindi cosa riescono a fare l’arte e la cultura di fronte a tutto questo? La Palestina esiste ancora? Israele è una democrazia? Saranno chiamate voci della società civile, del giornalismo, del mondo accademico e della cultura. In particolare l’edizione 2024 vede la collaborazione diretta del quotidiano il manifesto che curerà alcuni degli incontri di quest’anno. Proseguono invece le collaborazioni consolidate negli anni precedenti con Enti, Istituzioni accademiche e molte associazioni del territorio.

Il programma 2024 prevede 9 appuntamenti che si tengono dal 23 novembre al 1 dicembre, fra Salerno e Napoli, per conoscere da vicino la Palestina, le sue tensioni culturali e sociali, le violazioni dei diritti che subisce da decenni, ma anche i suoi sapori, la sua musica, la sua poesia. Ogni ospite rappresenta un pezzo di questo racconto che ha un filo conduttore: l’arte e la cultura sono forme di resistenza.